
Al lavoratore dipendente che presta in via temporanea l’attività fuori dalla propria sede di
lavoro possono essere corrisposte sia delle somme a titolo di indennità di trasferta, sia il
rimborso delle spese sostenute in occasione della trasferta.
La sede di lavoro è normalmente indicata nel contratto o nella lettera di assunzione.
Il trattamento delle somme corrisposte al dipendente è regolamentato nell’ambito della
disciplina del reddito di lavoro dipendente con l’individuazione di tre sistemi di rimborso,
ossia il sistema forfetario, misto o analitico.
Pur con le differenze previste nei 3 sistemi, per il dipendente è in generale previsto:
- la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente delle somme che
costituiscono mero rimborso in quanto il dipendente si limita a sostenere delle spese
per conto del datore di lavoro connesse allo spostamento effettuato;
- la parziale o totale tassazione delle somme corrisposte a titolo di indennità di trasferta,
ossia di somme aventi natura risarcitoria o retributiva del disagio connesso allo spostamento, al diverso orario di lavoro, ecc.
Per l’impresa le somme corrisposte a titolo di rimborso spese e indennità di trasferta sono in generale deducibili, salvo alcune limitazioni, in quanto inerenti la propria attività e collegate allo svolgimento di alcune prestazioni lavorative in un luogo diverso dalla propria sede.
(Le disposizioni in esame, stabilite per i lavoratori dipendenti, si applicano anche
alle spese per le trasferte dei collaboratori coordinati e continuativi (ad es. gli amministratori di società).)
Le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai
lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono
ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore ad euro 180,76; il
predetto limite è elevato ad euro 258,23 per le trasferte all’estero. Se il dipendente o il titolare dei
predetti rapporti sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero
noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, la spesa deducibile è limitata,
rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di
potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel.
L’altra limitazione riguarda il costo di percorrenza dei veicoli di proprietà del dipendente.
Il rimborso chilometrico è un indennizzo giornaliero diverso da una più generica indennità di trasferta.
È concesso da un’azienda ad un lavoratore dipendente che utilizza un proprio veicolo per effettuare una trasferta lavorativa all’interno del territorio comunale in cui si trova l’azienda o fuori da quest’ultimo. Un dettaglio imprescindibile alla base del rimborso chilometrico è, quindi, la proprietà del mezzo di trasporto.
Trasferta all’interno dello stesso comune in cui si trova l’azienda: i rimborsi chilometrici concorrono a formare il reddito del lavoratore. Per questo non sono deducibili ma, al contrario, devono essere tassati.
Trasferta lavorativa al di fuori del comune nel quale il dipendente lavora abitualmente: l’importo del rimborso chilometrico è esente da tassazione.
Per poter ottenere la deducibilità sull’importo del rimborso, il lavoratore dipendente deve assicurarsi che il proprio veicolo non superi:
- i 17 cavalli fiscali, qualora sia a benzina;
- i 20 cavalli fiscali, qualora si trattasse di un veicolo diesel.