
Chi acquista e possiede criptovalute tramite una chiave privata o su di un wallet privato, ad esempio, non ha dovere alcuno di segnalare tale asset sulla dichiarazione annuale dei redditi. L’obbligo scatta invece quando si utilizzano exchange e wallet con residenza fiscale estera: in tal caso i propri acquisti vanno certificati nell’apposito Quadro RW.
Le cessioni a pronti di valuta virtuale non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa salvo generare un reddito diverso qualora la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno 7 giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi dell’art. 67, commi 1 , lett. c-ter) e 1-ter del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
Il valore in euro della giacenza media in valuta virtuale va calcolato secondo il cambio di riferimento all’inizio del periodo di imposta, e cioè al 1° gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione
Mancando un prezzo ufficiale giornaliero cui fare riferimento per il rapporto di cambio tra la valuta virtuale e l’euro all’inizio del periodo di imposta, si prende a riferimento il rapporto di cambio al 1° gennaio rilevato sul sito dove ha acquistato la valuta virtuale o, in mancanza, quello rilevato sul sito dove effettua la maggior parte delle operazioni.
Eventuali omissioni del quadro RW possono essere sanate in ravvedimento operoso.
Sanzioni che vanno dal 3 per cento al 15 per cento del valore dell’attività non dichiarata, raddoppiate nel caso di detenzione in Paesi a fiscalità privilegiata.